Pubblicato su politicadomani Num 85 - Novembre 2008

Napoli sotto... e sopra
Dal “risanamento” allo  “sventramento”

Il tufo estratto dal cuore del monte Elia ha lasciato spazio per acquedotti, cunicoli, vie di fuga, rifugi antiaerei e, ora, magazzini e garage

di Ciro La Rosa

Seconda puntata
Il monte Echia e la zona di Sant’Elmo furono particolarmente sfruttate come cave di tufo per costruire la prima struttura del Maschio Angioino, il colossale palazzo Cellammare e i palazzi della zona di Posillipo. Tutta la zona che va da Via Chiaia, Morelli, Chiatamone, S. Lucia e Piazza Plebiscito è, nel sottosuolo, ricca di storia: acquedotto, riparo di barche e merci, cave di tufo e, nel 1850, destinata a vie di comunicazioni mai terminate ed utilizzate infine come rifugio antiaereo durante la seconda guerra mondiale.
Gli scavi nel cuore di Monte Echia furono praticamente infiniti. Si ricavarono da lì cisterne di servizio per le navi romane; paralleli alla Galleria Vittoria, servirono da cunicoli del primitivo acquedotto; i vuoti della “cava Carafa” furono sfruttati nel 1960 per l’istallazione dell’impianto fognario del Comune di Napoli, e per l’impianto dell’ascensore della Telecom, che porta direttamente negli uffici della Società Telefonica, ubicati accanto alla Scuola Militare della Nunziatella. I prelievi più consistenti si ebbero nel 1500, per la costruzione del complesso della odierna Sezione dell’Archivio Militare di Napoli - ex caserma e poi Istituto Cartografico Borbonico -, di palazzo Carafa, del ponte della Maddalena e del complesso del Collegio Militare della Nunziatella. Nel 1630 vennero di nuovo attraversati dai canali dell’acquedotto ideato dal Carmignano e dal Ciminelli. A metà del 1800, si sfruttarono gli scavi per costruire un tunnel, voluto da Ferdinando II, per collegare Palazzo Reale con Piazza Vittoria quale eventuale via di fuga. Il progetto fu sospeso nel 1855 e mai più realizzato. Ne rimangono tracce sotto Piazza Carolina, la Basilica di S. Francesco di Paola, accanto alla Galleria Vittoria. Nel 1929 venne di nuovo traforato per la costruzione della “Galleria della Vittoria” parallela a quella Borbonica. Il tratto sotto il palazzo della Prefettura, che ora è utilizzato come garage di ex proprietà comunale, fu utilizzato come rifugio durante la II guerra mondiale. Poi, negli anni ’90, venne colmato per il traforo incompiuto della L.T.R..
Quando, nel settembre del 1884, scoppiò il colera a Napoli mietendo numerose vittime, per la prima volta si pensò alla possibilità di un intervento governativo che risolvesse gli antichi mali della città. Il 15 gennaio 1885 fu emanata la legge per il “Risanamento”  voluta dal sindaco di Napoli Nicola Amore. I lavori iniziarono solo dopooltre quattro anni, nel giugno del 1889. Lo scopo principale era di bonificare i “quartieri bassi” a ridosso della zona portuale, di S. Lucia, del borgo Loreto, del Lavinaio, dei vicoli fra il Mercato e Forcella e della realizzazione di nuove costruzioni “popolari”  sul Vomero: il “Rione Alto”. Ma l’intervento  di “pubblica utilità” fu del tutto aleatorio poiché, su pressione delle Società Immobiliari, tutte dell’Italia Settentrionale, l’esecuzione dell’opera venne completamente stravolta e il piano per il risanamento si trasformò, di fatto, in una pura operazione di speculazione edilizia. I napoletani, che avevano capito, lo ribattezzarono piano di  “Sventramento”. I ceti popolari pagarono il tributo più alto perché i prezzi proibitivi delle nuove abitazioni (tutte in stile “umbertino”, falso neoclassico) costrinsero 13.000 persone a stabilirsi in altri quartieri popolari a ridosso delle nuove costruzioni, che divennero così ad alto tasso di sovraffollamento abitativo. Andò in questo modo dispersa quella identità popolare che si costruisce con secoli di vita in comune nel medesimo luogo.
Al termine del “Risanamento” 62 chiese furono demolite, molti palazzi storici vennero tagliati a metà, molte opere d’arte risultarono “scomparse”. Ma questa è un’altra storia...
Lo stesso rione Santa Lucia non sfuggì al “Risanamento”. Esso subì la triste sorte dell’interramento a causa della cortina di case che vennero edificate fra il rione e il mare e che non solo soffocarono lo sbocco al mare dei pescatori “luciani”, ma celarono anche tutte le cavità sino al Chiatamone. Quelle cavità, che una volta erano una caratteristica peculiare di Santa Lucia, sono utilizzate oggi come autorimesse, murate o colmate come quelle situate sotto il palazzo dell’Ammiragliato (ex Comando Supermarina).
L’unico intervento moderno e razionale compiuto nel monte Echia è la stazione ENEL. Di notevoli dimensioni, è ubicata in una ex cava abbandonata, sul pendio est del monte, e in inverno il calore generato dai macchinari viene utilizzato per riscaldare le aule dell’istituto “Palizzi” situato in Piazzetta Salazar.
(Continua)

 

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Num 85 Novembre 2008 | politicadomani.it